Andamento produttivo di metà stagione – peggio di così si muore

Sono finiti i raccolti di Acacia su tutta la regione e il bilancio è estremamente negativo:

sebbene la produzione non rasenti lo zero come lo scorso anno non siamo lontani da questo valore. Vi sono state delle zone dove le produzioni si sono avvicinate ai 10kg a colonia come alcune aree in Garfagnana, Valdarno e Val di Sieve ma tutti gli apiari di pianura hanno fatto registrare produzioni ferme su 0 kg a famiglia. In medio alta collina e in tutti gli areali toscani non mansionati siamo su produzioni che oscillano tra i 3 e i 6kg.

Manco a dirlo il meteo è il principale responsabile di queste tragiche medie produttive: freddo notturno, vento e il susseguirsi di precipitazioni hanno reso impossibile il raccolto per le api.

Un vero peccato se si pensa che non avevamo avuto gelate tardive come nel 2021 e nel 2023, inoltre la fioritura di robinia, almeno visivamente, appariva imponente e longeva.

 

apisane

Come spesso abbiamo già detto per molte aziende toscane una mancata produzione di miele di acacia, dato il suo importante valore di mercato, condiziona pesantemente tutta la stagione che difficilmente potrà considerarsi positiva.

Purtroppo alla mancata produzione di questo monoflora si uniscono raccolti primaverili nettamente insufficienti. Le basse temperature di aprile non hanno permesso alle api di produrre e gli apicoltori hanno preferito non prendere il poco miele sui melari per non portare le api in stress in vista dell’imminente raccolto di acacia. Le aziende apistiche su costa e isole sono state praticamente le uniche a fare del miele primaverile pre acacia dato che la stagione in queste zone parte molto presto e già nel caldo mese di marzo avevano le api a melario.

Male anche il miele di sulla con una fioritura non bellissima e api che, anche nelle zone più calde hanno dovuto fronteggiare il freddo notturno e il vento.

Al momento le api stanno lavorando sul tiglio cittadino con rese discrete a patto che le colonie siano state manutenute precedentemente in forze dall’apicoltore o provengano da zone in cui vi è stata produzione di acacia.

Fuori città al momento non vi sono produzioni degne di nota con l’importazione di nettare che, nella migliore delle ipotesi, basta appena alle api per mantenere una buona superficie di covata.

Non mancano apiari alla fame che necessitano interventi da parte dell’apicoltore o sensibilmente ridimensionati per far fronte alla penuria di alimento.
La speranza è che le temperature notturne si assestino su valori più estivi senza colpi di calore diurni e che la pioggia caduta alimenti le tante fioriture che in questo momento potrebbero garantire la sopravvivenza delle api.

Purtroppo siamo al secondo anno consecutivo con scarse produzioni e negli ultimi 5 anni probabilmente solo la stagione 2018 registra produzioni soddisfacenti, è evidente che questo trend produttivo non pare cambiare e ciò rende certamente difficile la sopravvivenza delle aziende apistiche.

Miele di girasole: perché se ne produce poco? Le prime analisi

Il girasole è una pianta di notevole interesse per l’apicoltura toscana.
La produzione di miele di girasole, negli ultimi anni non ha più la resa produttiva di un tempo e molte aziende apistiche in estate preferiscono spostarsi su fioriture più sicure e con resa migliore.
Nel corso del convegno Arpat di Grosseto sono stati presentati i primi risultati di un lavoro mirato a comprendere le cause del drastico calo di produzione di miele di girasole.
Il numeroso team di ricerca è guidato da Daniele Alberoni, Chiara Braglia (Distal UNIBO) e Riccardo Favaro (Distal UNIBZ) e vede la collaborazione di Unaapi.
Le cause alla base di questo calo produttivo sono molteplici, solo per citare le più probabili:

produrre miele di girasole

Cambiamento climatico: principalmente alte temperature e siccità estiva

Stress delle colonie di api

Cultivar (varietà) di girasole meno nettarifere?

Impoverimento del suolo?

Stress delle piante dovuto a fattori esterni

Per cercare di dare una risposta alla mancata produzione di miele di girasole i ricercatori hanno effettuato un campionamento di piante e di api tra l’Emilia Romagna e le Marche al fine di valutare:

La morfologia dei fiori

Genetica del girasole ed in particolare l’espressione dei geni correlati alla produzione nettarifera

La morfologia e lo stato di salute delle api

La composizione del suolo

girasole

Differenze tra fiore ibrido e cultivar non ibrida

Sono stati confrontati i fiori di varietà non ibride (Peredovick) e Ibride (in particolare LST 907) per delineare le differenze nella grandezza del nettario e della corolla.

I fiori ibridi hanno un fiore più lungo rispetto alla varietà non ibrida che tuttavia può vantare di un nettario più sviluppato.

Questi decimi di millimetro in più nei fiori ibridi sono più che sufficienti a complicare le operazioni di bottinature alle api. Interessante notare come nelle Marche, a parità di cultivar, i nettari siano mediamente di dimensioni più sviluppate.

Anche l’espressione genica vede nelle varietà non ibride una maggior presenza di enzimi responsabili della produzione di nettare rispetto alle varietà ibride.   

Morfologia delle api

La difficoltà nel raggiungere il nettario è determinata sia dalla lunghezza del fiore sia dalla ligula delle api. Dai campionamenti dello studio emerge come le api delle Marche abbiano mediamente una ligula più lunga rispetto alle api dell’Emilia Romagna e ciò sicuramente può determinare un’aggravante sulle condizioni di raccolta del nettare in Emilia Romagna.

Una ligula più corta non favorisce una raccolta facilitata su varietà ibride che hanno uno stame più lungo.

 

Analisi dei microrganismi del suolo

La componente microbica (comunità di microrganismi) del suolo è determinante per garantire alla pianta una adeguata disponibilità di nutrienti per la crescita e il mantenimento del suo stato di salute.

È facilmente intuibile che una pianta cresciuta in un suolo con componente microbica insufficiente vada incontro a stress che in primo luogo andranno a inficiare la produzione di nettare.

Confrontando la componente microbica del suolo e delle diverse coltivazioni emerge come le varietà non ibride abbiano livelli di microbiota più numerose rispetto alle cultivar ibride. Inoltre, alcuni elementi del microbiota riscontrati nelle cultivar non ibride sono stati individuati anche nelle api a conferma di una maggior interazione pianta-impollinatore.

Analisi dei profumi

La ricerca ha inoltre analizzato le molecole volatili dei fiori di girasole responsabili della composizione degli odori.

Il diverso odore nella sua composizione molecolare, tra la cultivar non ibrida Peredovick e l’ibrido Lst è apparso evidente così come le piante trattate con microrganismi (in particolare Lactobacillus) delineano una componente olfattiva diversa.

Campionamento impollinatori

Infine è stato effettuato un campionamento mirato ad individuare le specie di impollinatori in visita nelle diverse tipologie di fiori. Dai primi esami pare che le cultivar ibridi ricevano in visita un maggior numero di api e impollinatori di altre specie.

Difficile attualmente comprendere il motivo (odore più attrattivo? Maggior tempo di permanenza sul fiore?…).

siccità

Naturalmente il lavoro dei ricercatori non si ferma qui e noi apicoltori siamo curiosi di conoscere gli esiti delle prove che verranno effettuate nel 2023.

Report giugno 2016

tiglioSituazione fioriture
Dopo maggio anche la prima metà di giugno è stata caratterizzata da un meteo molto variabile sia dal punto di vista delle temperature che delle precipitazioni. Questa instabilità prolungata ha compromesso anche la fioritura di acacia in alta quota.