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In occasione della recente conversione in legge del decreto fiscale, collegato alla legge di bilancio 2017, tanto clamore è stato sollevato letteralmente inventando e dando per certa l’abolizione del regime di esonero IVA dei produttori agricoli con volume d’affari inferiore ai 7.000 Euro.

Tanto allarme per nulla: nessuna norma di recente approvata ha cancellato il regime speciale IVA per i piccoli apicoltori.

Il falso allarme, che ha creato grande e inutile agitazione e confusione fra gli apicoltori, nasce da una inadeguata interpretazione della norma, contenuta nel decreto fiscale, che introduce nuovi obblighi riguardanti la comunicazione alla Agenzia delle Entrate delle fatture emesse e ricevute da tutti soggetti titolari di partita IVA.

 

Sottolineando ancora una volta che le nuove norme non hanno cancellato o modificato il regime speciale di esonero citato , per meglio chiarire la situazione è bene precisare che fin dal 2014 esiste l’obbligo per tutti gli apicoltori titolari di partita IVA , anche quelli in esonero, di inviare per via telematica entro aprile l’elenco delle operazioni effettuate nel corso dell’anno precedente, in pratica l’elenco clienti/fornitori.

E’ lo “spesometro” che, ripeto, ha interessato sinora tutti gli apicoltori con partita IVA ( per questo regalo c’è da “ringraziare” l’intervento di qualche influente organizzazione agricola di categoria, che ha trovato modo di “suggerire” e quindi ottenere con questo inutile e ulteriore obbligo, un nuovo servizio a pagamento per quel numeroso gruppo di agricoltori esonerati, sino ad allora, da qualunque incombenza “cartacea”). Quindi, per chi non se ne fosse accorto, è dall’aprile 2014 che tutti, ogni anno, hanno dovuto inviare, esclusivamente per via telematica, alla Agenzia delle Entrate l’elenco clienti e fornitori. Nel caso del regime di esonero, questo ha riguardato l’elenco dei clienti ai quali con loro autofattura sono stati ceduti prodotti agricoli e l’elenco dei fornitori che hanno rilasciato all’agricoltore fattura per suo acquisto di beni e servizi inerenti l’attività. In caso di mancata o incompleta trasmissione dei dati la sanzione prevista andava da un minimo di 258 Euro ad un massimo di 2.065 Euro.

Tutto ciò sino al recente decreto fiscale che ha modificato lo “spesometro” trasformando l’obbligo di comunicazione dei dati da annuale, a trimestrale e modificandone la formulazione – contrariamente a tutte le reboanti promesse di semplificazione!

Il nuovo testo approvato della norma recita:

Art. 21. – (Comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute).

1. In riferimento alle operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto effettuate, i soggetti passivi trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate, entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo ad ogni trimestre, i dati di tutte le fatture emesse nel trimestre di riferimento, e di quelle ricevute e registrate ai sensi dell’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ivi comprese le bollette doganali, nonché i dati delle relative variazioni. La comunicazione relativa al secondo trimestre è effettuata entro il 16 settembre e quella relativa all’ultimo trimestre entro il mese di febbraio. A decorrere dal 1° gennaio 2017, sono esonerati dalla comunicazione i soggetti passivi di cui all’articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, situati nelle zone montane di cui all’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601.

L’ultima frase evidenziata è frutto di un emendamento approvato alla Camera in ultimissima battuta, che in pratica esonera dalla comunicazione i piccoli produttori agricoltori “situati”(?) in zone montane e, come tutte le cose improvvisate all’ultimo momento (vedi la recente norma di legge sulle sanzioni per l’anagrafe apistica), introduce elementi di confusione che necessariamente richiederanno ulteriori chiarimenti e precisazioni.

Però, a mio parere, la novità sostanziale che interessa gli apicoltori in regime di esonero , è contenuta nella diversa formulazione della norma rispetto alla precedente disposizione che aveva già reso obbligatorio per tutti lo “spesometro”.

La norma precedente assegnava la determinazione delle modalità e dei contenuti delle comunicazioni all’Agenzia dell’Entrate, che a sua volta aveva individuato quale oggetto delle comunicazioni ” le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese” dai soggetti titolari di partita Iva, cioè tutte le fatture emesse e ricevute da costoro.

La norma attuale invece precisa direttamente che oggetto della comunicazione sono “i dati di tutte le fatture emesse nel trimestre di riferimento, e di quelle ricevute e registrate.”

Tutti gli apicoltori con fatturato annuo inferiore ai 7000 euro secondo la norma ( all’articolo 34, comma 6, DPR 1972, n. 633) , “sono esonerati dal versamento dell’imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale, fermo restando l’obbligo di numerare e conservare le fatture e le bollette doganali”. Pertanto per questi apicoltori non esistono fatture emesse da comunicare , né possono esserci, altrimenti si è fuori da tale regime . Le eventuali autofatture che intervengo nelle cessioni di prodotto a titolari di partita iva (rivenditori, confezionatori) sono, ai fini della comunicazione, di sola competenza del cliente (del resto così era anche secondo la norma precedente) in quanto non emesse né ricevute dall’apicoltore.

Resterebbe quindi da comunicare trimestralmente i dati delle “fatture ricevute e registrate”: gli agricoltori in regime di esonero non hanno l’obbligo contabile di registrare le fatture, ma solo di numerarle e conservarle, quindi, nel loro caso, di quale nefasta calamità burocratica stiamo parlando?

Piuttosto il pasticciato emendamento citato, che esonera i piccoli agricoltori “montani” da tali adempimenti, introduce elementi di confusione interpretativa perché in qualche modo avanza l’idea che gli altri piccoli agricoltori, “non montani”, siano sottoposti ad un obbligo che in realtà non corrisponde ad alcuna azione pratica.

In conclusione, ancora una volta dietro la parola semplificazione si nascondono nuovi e più complicati meccanismi burocratici, e quando si delinea un percorso per evitarli ecco che si presenta l’esperto di turno che davanti al “grave pericolo imminente” raffazzona un pasticciato emendamento che ancor più complica la questione.

Vanni Floris