Come per la stagione 2022 riviviamo i punti salienti di questa annata apistica cercando di evidenziare ciò che ha funzionato (poco) e le dinamiche positive.
Cosa non ha funzionato
Niente acacia!
Inutile girarci intorno, per la maggior parte delle aziende se non viene raccolto miele di acacia la stagione è da ritenersi negativa o altamente negativa. Il miele di acacia rappresenta infatti una produzione fondamentale per le finanze delle aziende apistiche toscane e la sua assenza difficilmente può essere rimpiazzata da altre varietà di miele (che ci sono pure state). Purtroppo, nonostante un inizio primavera promettente con api in salute e presenza di importazioni (erica in particolare), l’ondata di prolungato maltempo di aprile – maggio ha completamente ostacolato la produzione di questo importante monoflora.
Il bilancio produttivo di acacia in questi ultimi anni è mediamente negativo: produzioni discrete solo nel 2022 e 2018 e rasenti allo zero nel 2021 e 2023. Le cause principali di questo trend sono indubbiamente riconducibili al meteo, con ritorni di freddo e precipitazioni incessanti che, nella maggior parte dei casi, rendono difficoltose anche le produzioni successive.
Dov’è il mercato del miele?
L’elefante nella stanza (o nella cristalleria) in questa amara stagione 2023 risulta essere il blocco del mercato del miele italiano. Assistiamo infatti ad una netta diminuzione di scambi di miele tra grandi produttori e confezionatori con conseguenti rimanenze di notevoli quantità di prodotto in magazzino. Da un lato le aziende apistiche chiedono un adeguamento del prezzo del miele in seguito a raccolti in netto calo e aumento dei costi di gestione, dall’altro i grandi distributori devono fronteggiare un minor potere di acquisto del consumatore e sono tentati dai mieli esteri, di probabile qualità inferiore, ma ad un prezzo di acquisto nettamente vantaggioso. Se non verranno prese misure in tal senso (controllo dei prezzi di importazione, aiuti alle aziende, valorizzazione del miele italiano…) gli effetti di questo “braccio di ferro” saranno probabilmente visibili già dal prossimo anno dove avremo o un’entrata di miele italiano nella già satura media piccola distribuzione (botteghe e mercati) e/o un crollo del prezzo del miele italiano.
Si contano i morti
Dal mese di agosto segnaliamo diverse morie e spopolamenti da parte di molte aziende, in particolare negli apiari situati in medio alta collina. Sebbene la stagione estiva non abbia manifestato i livelli di aridità dello scorso anno, la presenza di scorte è stata comunque altamente limitata. Molte aziende sono ricorse alla nutrizione post trattamento ma non sempre è stato sufficiente, inoltre, la poca presenza di nettari autunnali, ha lasciato molti apiari senza nutrimento per diversi mesi. Oltre a ciò, la sempre presente varroa ha reso più difficile la gestione delle colonie più deboli che, lo ricordiamo, in caso di alta infestazione tendono ad incrementare il consumo già scarso di scorte. Non mancano ad oggi aziende che dall’estate hanno avuto perdite anche superiori al 30% e, in linea generale, si osserva una diffusa presenza di colonie invernate con poche scorte. Chi si è trovato in areali con importazione estiva-autunnale di melate e edera o semplicemente ha nutrito in maniera adeguata, segnala morie in media o di poco sopra il livello di accettabilità e tendenzialmente una situazione di blocco totale di covata.
Cosa ha funzionato
Una strategia è possibile
Le precipitazioni di aprile maggio hanno compromesso la produzione di acacia, ma al contempo hanno favorito le produzioni di millefiori tardo primaverile ed estivo caratterizzato da sulla, trifoglio e girasole. Tale scenario era stato previsto su molti modelli meteo già alla fine dell’anno precedente e nel corso dell’incontro “tecnici in diretta” avevamo osservato la situazione prevista valutando come risultava molto probabile una alta variabilità nelle correnti che avrebbero portato, rispetto alle previsioni degli anni precedenti, una maggiore entità delle precipitazioni come cumulati e come giorni piovosi, con non scarse probabilità di gelate. Questi modelli, evidenziavano una configurazione che delineava il 2023 come un anno apisticamente più da millefiori estivo a discapito delle produzioni primaverili. Un peccato per l’acacia, soprattutto perché l’inizio della primavera stava portando discrete produzioni sul primo miele (erica in primis), ma se la mancata produzione primaverile è dovuta alle precipitazioni e non a gelate tardive le speranze per produrre in estate sono indubbiamente maggiori.
Anche il castagno, seppur non registri produzioni di rilievo dall’arrivo del cinipide, rappresenta un nettare che garantisce quasi sempre qualche kg nel melario, il problema risiede nel fatto che nelle zone vocate a castagno, una volta conclusa questa fioritura estiva, se la melata è assenta non resta molto altro da importare. In conclusione, proprio grazie alle piogge diffuse, per noi apicoltori dannose a primavera, abbiamo potuto giovare di una stagione meno secca con una dinamica inversa rispetto al 2022 dove abbiamo si avuto l’acacia ma, a causa delle mancate precipitazioni, non vi sono state altre produzioni degne di nota.
Gestione meno gravosa degli apiari
Le prolungate piogge di primavera non hanno permesso l’importazione di nettare di acacia ma al contempo hanno limitato il fenomeno della sciamatura che in termini di ore rappresenta un onere altamente gravoso per le aziende apistiche. Anche la nutrizione di emergenza a primavera è stata più contenuta rispetto ad annate passate grazie ad un inizio primavera positivo con discrete importazioni di erica, sulla e millefiori. Fino a fine estate le api hanno mediamente potuto importare nettare senza eccessiva nutrizione da parte delle aziende; le produzioni non sono state eccezionali e in alcuni casi scarse, ma perlomeno non si è verificato lo scenario del 2021 e del 2022 dove, a causa delle gelate di aprile o dell’estrema siccità, gli interventi per salvare gli alveari sono stati incessanti e prolungati.
Serrata la lotta alla Vespa velutina
Lo scorso anno avevamo segnalato l’espansione della Vespa velutina tra le principali criticità del 2022 e anche quest’anno rappresenta indubbiamente una minaccia in costante espansione. Rispetto allo scorso anno la consapevolezza di questa minaccia si è resa tangibile tra gli apicoltori toscani e di Arpat, insieme alle altre associazioni, sta organizzando una rete di monitoraggio per monitorare l’espansione del calabrone e poter prendere tempestive misure di contenimento. Già da febbraio 2024 sarà imperativo ripartire con il monitoraggio e implementare la rete degli apicoltori in modo da non far avanzare celermente il fronte di espansione del calabrone e essere pronti ognuno nel proprio apiario ad un adeguato contrasto.
In conclusione:
Assenza di acacia, mercato del miele, meno famiglie… molte delle criticità affrontate in questo anno andranno ad impattare anche il prossimo e per queste ragioni non possiamo che guardare l’arrivo del 2024 con malcelata preoccupazione. Abbiamo però un inverno intero per riacquistare le forze e fare una scrupolosa organizzazione, per essere pronti e saper sfruttare le brevi occasioni che ogni stagione, anche la più negativa, riesce comunque ad offrire.