La Toscana e i sui mieli
La nostra regione vanta una elevata biodiversità e un legame profondo con la tradizione apistica.
Tra le molte varietà di miele prodotte, i mieli monoflora (o uniflorali) di inizio primavera svolgono un ruolo importante per le api e per chi le alleva.
Questi mieli, ricavati principalmente da una singola specie botanica, offrono al consumatore un’esperienza gustativa e olfattiva che riflette la ricchezza del territorio toscano.
Nonostante l’esperienza dell’assaggio sia insostituibile per apprezzarne appieno le caratteristiche, proviamo in questo articolo a tendere l’orecchio (o meglio il naso) su ciò che questi mieli raccontano ai nostri sensi.


Miele di ciliegio (Prunus avium)
La pianta di ciliegio, conosciuta principalmente per i suoi frutti e per il legno nobile che se ne ricava, fiorisce tra la seconda metà di marzo e l’inizio di aprile, quando i campi e le colline toscane si ricoprono di fiori bianchi e rosati; produce miele anche da spontanea ma è in colture gestite dall’uomo che queste produzioni diventano rilevanti. La produzione di monoflora è saltuaria ed è strettamente collegata all’andamento stagionale, pertanto non è scontato trovare questo miele ogni anno.
Il nettare raccolto dalle api durante questa fioritura dà origine a un miele chiaro, bianco giallastro quando cristallizza ma può trovarsi anche sui toni ambra rossastri. La cristallizzazione avviene piuttosto rapidamente lasciando il prodotto pastoso e con cristalli fini. Ha un aroma che ricorda i fiori della pianta stessa e delle Rosacee in genere, della mandorla amara e del nocciolo di ciliegia, caratteristiche che ritroveremo anche all’assaggio. Delicato al gusto porta con sé note acidule e la freschezza tipica dei mieli cristallizzati.
È un miele ideale per dolcificare le colazioni e in generale gli spuntini dolci.
Miele di colza (Brassica napus oleifera, Brassica campestris oleifera)
La colza è una pianta foraggera coltivata prevalentemente per l’olio estratto dai suoi semi che viene utilizzato in larga parte per la produzione di biodiesel. Fiorisce da fine marzo a inizio aprile ma può prolungarsi anche oltre in funzione del periodo di semina. La sua fioritura offre alle api una fonte abbondante di nettare e di polline che contribuiscono all’esplosivo sviluppo degli alveari e che spesso causa frequenti e incontrollate sciamature. Essendo un seminativo la produzione di miele dipende fortemente dalla superficie coltivata, che a sua volta è legata alla richiesta dei sui prodotti di trasformazione.
Il suo nettare produce un miele che cristallizza molto rapidamente grazie all’elevata presenza di glucosio rispetto al fruttosio e con cristalli fini, a volte già nei favi, spesso portando con sé una maggiore umidità rispetto a quella considerata “di sicurezza” per non rischiare un’eventuale fermentazione (che solitamente è fra il 17% e il 18%).
Il miele prodotto è ambra chiaro in fase liquida, per poi virare verso il beige con sfumature grigiastre da cristallizzato. Mediamente intenso sia all’olfatto che al gusto, presenta una nota acida in bocca dominata da sentori di cavolo, crauti e verdura cotta che si ritrovano anche all’olfatto ma con intensità maggiore.
Le sue caratteristiche organolettiche particolari lo rendono un miele adatto alle preparazioni salate per dare ai piatti qualche nota vegetale in più.


Miele di erica (Erica arborea)
L’Erica arborea è un arbusto sempreverde molto diffuso nella macchia mediterranea. La pianta viene utilizzata sia per il legno delle sue radici nella creazione di piccola oggettistica, pipe da fumo in primis, sia per realizzare scope da giardino (da qui il nome “scopa” utilizzato comunemente). La fioritura è generalmente tra marzo e maggio e non sempre riesce ad essere di utilità tale da farne un monoflora ma spesso contribuisce a far parte dei millefiori di questo periodo.
Il miele che ne deriva è di colore scuro, tendente all’ambra con riflessi rossi da liquido e una tipica torbidità, o al marrone e arancio quando cristallizzato. La sua consistenza è insolita e spesso ricorda più una gelatina che una vera e propria cristallizzazione, che comunque avviene piuttosto rapidamente.
Di intensità media sia all’olfatto che al gusto, al naso porta freschezza, note zuccherine cotte, di caramello e speziate mentre in bocca ricorda la caramella mou, la liquirizia e il legno di cedro, quello delle matite.
Il miele di erica è molto versatile e può essere utilizzato in cucina sia per dare un tocco di freschezza sia per esaltare le note aromatiche in piatti dolci o salati.
… e se non è un monoflora…
Tutti i mieli presentati sopra hanno caratteristiche distintive molto evidenti ma non sempre si riescono ad “isolare” per avere come prodotto un miele uniflorale. In primavera ad esempio può accadere che questi nettari si mescolino con la successiva importazione di nettare di acacia (Robinia pseudoacacia).
Ciò che si crea sono dei millefiori, ciascuno con dei mix di odori e sapori unici che rendono quei mieli delle singolarità irripetibili. Il millefiori infatti non ricerca delle precise caratteristiche organolettiche, al contrario contiene tutta la varietà delle fioriture presenti in quel periodo, in quel luogo. Qualche “purista” del miele monoflora potrebbe considerarli come un’opportunità mancata, per me sono una specialità!
Buona degustazione e al prossimo assaggio.
Luca Baldini