L’inizio della stagione apistica toscana, senza troppi giri di parole, è stato disastroso come in gran parte d’Italia dove si registrano cali produttivi dell’80%.
Dopo un inizio primavera caldo e siccitoso (ma era piovuto molto a dicembre), la gelata dell’8 aprile, con punte di -8 gradi nelle vallate interne, ha irrimediabilmente danneggiato la germinazione delle piante non solo in Toscana ma in gran parte della penisola.
Proprio grazie al caldo anomalo di marzo molte specie vegetali avevano anticipato il loro sviluppo con le prime gemme esponendosi al contempo a ritorni di freddo che purtroppo si sono verificati in maniera estesa e violenta.
La gelata ha quindi sorpreso i ciliegi e l’erica in piena fioritura interrompendo la produzione del raccolto di nettare pre acacia.
Ma come detto i danni sono stati estesi anche a specie vegetali che ancora non erano fiorite
Robinia: se nel 2020 il freddo del 25 marzo aveva compromesso la fioritura delle acacie in pianura e collina il gelo di aprile di questo anno ha alzato l’asticella del danno fino a circa 400 metri. Ovviamente i danni sono distribuiti in maniera diversa a seconda della diversa esposizione delle vallate e alla tendenza delle singole piante di robinia a germinare in ritardo o in anticipo rispetto alle attuali condizioni meteo, ma possiamo tranquillamente affermare che più dell’80% delle acacie toscane ha avuto una fioritura compromessa della gelata. Anche le acacie che sono arrivate a fioritura completa, come ad esempio le piante a ridosso della città, seppur visivamente integre non hanno fornito nettare alle api. Rimangono poche speranze per le acacie in quota che, seppur scampate alla gelata di aprile, difficilmente fioriranno con un meteo favorevole per la bottinatura.
Ailanto
al pari dell’acacia le gemme dell’ailanto sono state gravemente compromesse e difficilmente arriveremo ad avere fioriture significative per la produzione di questo miele come monoflora e nel millefiori di giugno.
Tiglio
il tiglio cittadino non sembra aver subito danni dalla gelata, questa fioritura è più fragile rispetto alle ondate di calore che possono verificarsi verso fine maggio.
Sulla
Partita nel pisano e livornese e più aventi nel Senese e volterrano dove non ci sono state le condizioni per bottinare ed anzi si è dovuto nutrire.
Nel resto del mese di aprile e per gran parte dell’inizio di maggio stiamo assistendo ad un ritorno delle precipitazioni che hanno bagnato l’intera regione e a meno drastici abbassamenti di temperature, soprattutto nelle ore notturne, intervallati da giornate calde ma ventose.
Nella seconda parte di maggio è previsto un ritorno di temperature miti e sopra media con correnti sud occidentali che porteranno possibili innalzamenti di temperatura repentini e fenomeni temporaleschi.
Produzioni
Le aziende con apiari sulle isole, sulla costa, nel livornese e in alcune zone interne del senese e del fiorentino che avevano già i melari con presenza di miele a fine marzo, hanno potuto smielare erica o millefiori. Si tratta comunque di zone ridotte con medie che molto raramente hanno raggiunto il melario.
Non è stata smielata ancora l’acacia la cui fioritura è arrivata in ritardo e danneggiata dal gelo e difficilmente avremo questo monoflora se non misere produzioni in quota
Azzerata la produzione di ciliegio sorpreso dalla gelata in piena fioritura.
Situazione delle famiglie
il vuoto di fioriture successivo alla gelata, il perdurare di minime sotto media nella notte e il vento incessante nelle rimanenti giornate di sole ha portato le famiglie alla fame al punto di obbligati interventi di nutrizione da parte degli apicoltori per tenerle in vita.
Difficile ricordarsi una partenza di stagione tanto avversa e probabilmente mai nessun apicoltore in Toscana si era mai ritrovato ad affrontare una così alta concomitanza di cause sfavorevoli.
Anche nelle poche giornate senza vento la nutrita presenza di fioriture di campo e arbustive come liliacee, cisto, allium, trifogli, veccia, viburno ecc sembrano non avere nettare da fornire alle api.
Molte colonie hanno pertanto rallentato l’attività di volo e la deposizione della covata per l’assenza di importazione riducendosi sensibilmente di numero e compromettendo così la produzione di mieli estivi anche nel caso di un ritorno di clima favorevole.
Anche la costruzione dei fogli cerei è stata possibile solo fino a fine marzo, troppo freddo e troppa poca importazione per far tirare la cera alle api.
La fecondazione delle regine ha avuto drastici cali con interi giri di fecondazione arrestati a causa del meteo avverso e del calo dei fuchi i quali, con la penuria di importazione, sono stati buttati fuori dall’alveare.
La sciamatura almeno, sempre a causa di una situazione meteo altamente sfavorevole, resta molto contenuta ma potrebbe ripartire qualora il clima torni ad essere più clemente.
Commento e appunti di lavoro
in questi ultimi 10 anni abbiamo assistito probabilmente più annate negative che positive. Nel 2017 e nel 2019 abbiamo avuto delle medie terribili per quanto riguarda l’acacia ma pare che quest’anno batteremo nuovamente il record negativo produttivo di questi ultimi anni.
Si è parlato già nel 2019 di annata peggiore degli ultimi 30 anni ma il 20 maggio di 2 anni fa stavamo almeno smielando una acacia un po’ scura e non correvamo da un apiario all’altro con le taniche piene di sciroppo e candito rischiando di trovare le api morte di fame.
Le cause sono sempre le stesse: gelate tardive, precipitazioni continue, temperature notturne molto basse e vento constante. Quest’anno la nutrizione, in un periodo dove solitamente si produce miele, risulta una operazione obbligata per tenere in vita le api.
Alcune aziende si stanno già attrezzando a spostare le api per le produzioni di giugno, le frequenti precipitazioni tuttavia, oltre a danneggiare le fioriture, hanno reso difficile l’accesso agli apiari e il loro spostamento verso le zone di raccolto.
In seguito alle attuali piogge è possibile che la produzione di millefiori e dei monoflora estivi sia accettabile ma è ovvio che con un inizio stagionale così, senza millefiori, acacia e sulla e con elevati costi di nutrizione, l’annata sia già irrimediabilmente compromessa. Con questo susseguirsi di annate nefaste la sopravvivenza delle aziende apistiche sta divenendo altamente difficoltosa e pertanto pare opportuno chiedersi quali interventi da parte dello Stato siano opportuni per salvare un settore altamente in crisi.
Cosa fare dunque in stagioni come questa dove il meteo distrugge le fioriture estive e favorisce un elevato consumo di scorte? L’unica soluzione appare mantenere le famiglie forti nutrendo, meglio col candito consumato più lentamente o spostare le famiglie in zone con fioriture di prossima partenza (trifogli, sulla, tiglio, marruca) dimenticandosi di fare l’acacia. Un indebolimento delle colonie può portare a successivi scompensi, patologie della covata e nascita di api deboli e poco longeve.
Con l’attuale situazione pare secondario parlare di varroa, ma è doveroso attrezzarsi per monitorare il livello di infestazione in progressivo aumento che, in concomitanza di famiglie debilitate dalla poca importazione, non deve essere trascurato.