aca gelata 1Probabilmente uno degli anni più difficili per l’apicoltura Toscana degli ultimi 30 anni.
Dal punto di vista produttivo nel 2017 non abbiamo avuto produzioni di rilievo per nessun monoflora, anzi la gran parte delle fioriture hanno dato produzioni modeste o nulle con la necessità di dover addirittura sostenere le famiglie con nutrizione di sostegno. Molte aziende infatti sono state costrette a nutrire per salvare gli apiari a primavera e/o in tarda estate. Ad aggravare il quadro nel mese di luglio è stata avvistata la Vespa velutina in Toscana.
Produzioni:

Rispetto alle altre regioni le produzioni toscane, insieme ad altre regioni del centro Italia come Lazio e Emilia Romagna, sono tra le peggiori d’Italia.

Millefiori primaverili, erica e ciliegio: si respirava un cauto ottimismo a fine inverno inizio-primavera, quando, sebbene il freddo notturno e il vento, le api avevano a disposizione giornate miti per bottinare erica, ciliegio, prugnolo e le prime fioriture di stagione.
Nonostante ciò solo in piccole zone limitate vi sono state produzioni di erica, ciliegio e millefiori, solamente in areali di bassa collina protetti dal vento (incessante dai quadranti settentrionali) e dove è piovuto. L’assenza di precipitazioni caratterizzerà tutta la stagione, ed è bene ricordare che nel senese e nel grossetano le piogge sono mancate anche nel 2016 e pertanto la produzione primaverile ne ha pesantemente risentito.
Per chi ha prodotto vi sono state rese ben inferiori al melario, circa 5kg/alveare.

Acacia: la gelata che ha colpito gran parte dell’Europa si è abbattuta in toscana tra il 18 e il 25 aprile. In quei giorni l’acacia di pianura, delle zone di fondovalle (Lunigiana e Pistoiese), in bassa collina e nelle zone limitrofe alle città stava sbocciando ed è stata colpita dal gelo. In queste zone le produzioni sono state nulle.
In seguito alla gelata l’alternanza di giornate a calde a periodi più freddi uniti al vento dai quadranti nord-ovest ha ostacolato i raccolti in tutta la regione. Per la media collina, nelle aree dove la gelata non ha fatto danni e il vento è stato ostacolato dai rilievi, si è prodotto circa un melario per famiglia. Tuttavia via si tratta di areali molto limitati (Valdarno e Val di Nievole).
Male nel Mugello e nel Casentino dove il meteo è stato molto sfavorevole e gli apicoltori sono stati costretti a nutrire per mantenere le famiglie numerose, in attesa della fioritura di acacia che alla fine non ha reso quanto sperato.
Nel pistoiese e in quota sopra i 600 metri le rese sono state molto inferiori al melario, fanno eccezioni piccole areali dove le famiglie erano già provviste di scorte perchè nutrite o provenienti da zone dove il clima aveva permesso alle famiglie di raccogliere a sufficienza da permettergli di avere almeno nidi con abbondanti scorte..
In alta quota non siamo arrivati al mezzo melario.
Ampia disomogeneità dal punto di vista produttivo per questa importante fioritura che in nessun areale Toscano ha prodotto quanto sperato. Volendo calcolare una media produttiva tra le zone vocate possiamo affermare che la resa oscilla tra 5-6 kg ad alveare.

Sulla: la produzione di sulla è stata nettamente ostacolata dalle scarse precipitazioni che hanno particolarmente caratterizzato gli areali di interesse (Volterrano, senese…). Le medie sono inferiori al melario e spesso macchiate con nettare di lupinella.

Castagno: sicuramente la fioritura più produttiva del 2017, l’unica che in alcuni areali ha fatto produrre ben più di un melario. Le produzioni toscane di miele di castagno sono circa di 15-18 kg a famiglia. La media include zone dove sono stati raccolti in media 20 kg come la montagna pratese e parte dell’Appennino sui 500 metri e aree dove siamo ben sotto il melario (Casentino). Difficile affermare quali sono state le zone più produttive in quanto l’importazione, anche in piccole aree, è stata breve molto discontinua: a Pontremoli, ad esempio, ci sono aziende che hanno raccolto in media 20kg e altre che non sono andate oltre i 7kg ad alveare.
Le produzioni di polline di castagno sono meno della metà rispetto allo scorso anno.

Melata, Tiglio Ailanto millefiori estivo: la seconda parte della stagione apistica è caratterizzata dal persistere della siccità.
Queste condizioni avverse prolungate nel tempo e interrotte solamente da brevi precipitazioni nella prima decade di giugno, hanno allungato il tempo tra la fine dell’acacia e l’inizio di una successiva importazione, ciò ha debilitato le famiglie, soprattutto in montagna limitandone la potenzialità produttiva.
Il Tiglio cittadino, danneggiato dal vento siccità e gran caldo estivo, è stato pesantemente sporcato dalla melata al pari dell’ailanto che era già stato danneggiato dalla gelata. In linea generale, lo scarso millefiori estivo, per i pochi apicoltori che lo hanno prodotto, è risultato pesantemente macchiato dalla melata, che peraltro è stata anchessa limitata dalla siccità e dal vento che se pur presente anche in maniera abbondante sulle foglie il clima secco ne ha reso estremamente difficile alle api la raccolta, ad esclusione di ridottissime finestre temporali giornaliere.
Coriandolo: la coltivazione di questa ombrellifera, che negli ultimi 2 anni aveva fatto produrre ottime rese di miele, ha avuto un drastico calo. Ciò unito al clima arido, non ha fatto produrre questo tipo di miele.

Edera: potenzialmente questa fioritura, dato il perdurare dell’aridità estiva, ha reso più di quanto sperato. Tuttavia, data la sua tendenza a cristallizzare rapidamente e i nidi totalmente asciutti a causa dell’assenza di fioriture in estate non è stata raccolta dagli apicoltori che l’hanno lasciata alle api che altrimenti in molti areali non avrebbero sicuramente avuto le scorte per poter passare l’inverno.

Sanità degli alveari
dsc 0637All’uscita dall’inverno la mortalità invernale è stata sopra la media, quasi il 15%. Ciò è probabilmente da ricondursi ad un invernamento di famiglie poco popolose e con scorte limitate, a causa dal perdurare della siccità estiva del 2016 che ha limitato sensibilmente la disponibilità delle risorse nettarifere.

Con l’aumento delle temperature in febbraio e le prime fioriture si è verificato un improvviso aumento della deposizione, tuttavia l’importazione non è stata sufficiente col risultato che le scorte nel nido sono sensibilmente diminuite. La conduzione della ripresa della deposizione, quando è stata associata ad una tempestiva individuazione delle famiglie in crisi di scorte e tempestiva nutrizione in febbraio, in molti casi ha permesso di recuperare anche famiglie estremamente piccole e debilitate.
Il clima ha comunque scoraggiato la formazione di celle reali e la deposizione a fuco e la tendenza a sciamare non è stata elevata in tutto l’arco del 2017.

La salute degli alveari è stata strettamente correlata alle condizioni meteorologiche, le gelate primaverile e il caldo arido estivo hanno provocato un flusso di nettare molto scarso e discontinuo, ciò ha indebolito le famiglie che si sono ritrovate con troppi periodi di assenza risorse. In estate vi è stato quasi un blocco di covata dovuto al caldo arido simile a quanto accade nel sud Italia.

La drastica riduzione della covata dovuta al clima e all’assenza di produzioni ha sfavorito il proliferare della varroa nel periodo estivo – autunnale, tuttavia non sono mancate infestazioni elevate e spopolamenti, soprattutto per gli apicoltori che hanno usato prodotti evaporanti in concomitanza delle alte temperature.

Al momento dell’invernamento c’è preoccupazione per lo stato generale delle famiglie che appaiono poco numerose e con poche scorte oltre all’edera; nettare che è difficilmente assimilabile per le colonie deboli.

Vespa velutina
velutina02Il primo avvistamento di Vespa velutina in Toscana risale allo scorso 27 giugno a Pietrasanta in provincia di Lucca. Da qual giorno si è intensificato il monitoraggio in tutta la Toscana ed in particolare nelle zone limitrofe al ritrovamento. Nei mesi successivi, la presenza del calabrone asiatico, nonostante il costante trappolaggio, è stata confermata sono nei pressi dell’apiario del primo ritrovamento con un’attività predatoria molto debole.
Questa bassa frequenza di individui, circa uno-due al giorno e limitata ad un unico apiario, fa ritenere che le velutine ritrovate appartengano ad un unico nido molto piccolo che non si è sviluppato nel corso dell’estate. Tuttavia resta un’ipotesi perchè con le pochè velutine rinvenute non è stato possibile risalire alla posizione del nido. Resta quindi la preoccupazione che, nonostante le dimensioni ridotte della colonia, alcune regine stiano svernando per poi costituire dei nuovi nidi a primavera.
Per arginare la diffusione della Vespa velutina occorre quindi incrementare il trappolaggio dal mese di febbraio per eliminare le regine che a fine inverno ricercano cibo per costituire i nuovi nidi.
Ricordiamo che sul sito internet arpat.info e stopvelutina.it potete controllare gli aggiornamenti sulla Vespa velutina e ricevere istruzioni su come effettuare il trappolaggio.